Le chitarre dell’Ottocento



Ormai l’esigenza di storicizzare le esecuzioni musicali ha permeato anche il mondo della chitarra ed un numero sempre maggiore di chitarristi ha sentito il bisogno di avvicinarsi all'esecuzione filologica del repertorio ottocentesco. Probabilmente tale esigenza, come è stato per il sottoscritto, è il punto di arrivo di un percorso lungo e molto articolato. All’inizio una passione per questo periodo, ha scatenato il desiderio di conoscere sempre più repertorio stimolando anche ricerche in archivi e biblioteche, con l’intento di riportare alla luce quanta più musica possibile; in seguito, l’analisi sistematica di tanto repertorio ha posto degli interrogativi riguardo ai criteri originali con i quali questa musica poteva e doveva essere interpretata. Da qui l'approfondimento stilistico del linguaggio musicale del periodo, attraverso lo studio di trattati e metodi o qualsiasi altro scritto che potesse introdurre nella prassi esecutiva.

Una quantità di informazioni e di suggerimenti spesso frammentari sparsi tra gli scritti teorici, antichi e moderni, anche di altri strumenti che, come le tessere di un gigantesco puzzle, dovevano essere collocate nella giusta posizione, per ricostruire una probabile sintassi interpretativa.

Ultimo passo evolutivo di tutto questo processo conoscitivo, infine, è la presa di coscienza, nell’applicare quelle istanze interpretative sullo strumento, che la chitarra moderna, per le sue peculiarità sonore ed espressive, non si adatta ad esprimere quelle sfumature intrinseche al linguaggio ottocentesco, e da ciò quindi l’esigenza di avvicinarsi al mondo delle chitarre storiche.

Nell’approccio con gli strumenti antichi, appena superato il primo sconcerto per avere tra le mani una chitarra affatto diversa da una moderna, è possibile seguire due direzioni: la prima è quella di applicare quei riferimenti sonori e tecnici che si hanno nel suonare la chitarra moderna, operando così una sorta di violenza alle peculiarità dello strumento antico ed ottenendo nella maggioranza dei casi una sonorità ed una interpretazione ibrida; oppure quella di lasciarsi guidare, assecondandole, dalle possibilità che questo piccolo strumento suggerisce, ricostruendo un linguaggio musicale finalizzato a sviluppare tutte le sue prerogative espressive.

Ma in quest’ultimo caso la scelta dello strumento diventa importante. Infatti i progetti costruttivi durante l’ottocento sono vari e delle volte molto differenti tra di loro, ciascuno adatto ad affrontare un repertorio diverso. Una scelta quindi che in alcuni casi può risultare ardua.
Questo breve contributo prende in esame alcuni tra i più rappresentativi modelli di strumenti ottocenteschi, fornendo cenni sulle loro caratteristiche costruttive e brevi esempi musicali per confrontarne le sonorità.

Quando si parla di chitarre dell’ottocento ci si riferisce a strumenti a corde singole, costruiti a partire circa dal 1780 fino all’avvento del modello Torres, quindi per circa un secolo, in un ambito geografico che abbraccia tutta l’Europa. Questi due fattori, quello temporale e quello geografico, giocano un ruolo assai importante nella costruzione degli strumenti e quindi delle loro caratteristiche sonore.

Alla fine del settecento la situazione europea non era omogenea per quel che riguarda l’uso di numerosi strumenti musicali. In questo periodo molti strumenti si modificano per rispondere meglio alle nuove esigenze musicali (si passa dal clavicembalo al fortepiano, dall’arco barocco a quello classico, si attuano modifiche strutturali nell’assetto del violino e di altri strumenti, in particolare quelli a fiato) e per svariati anni sono stati utilizzati sia gli strumenti più antichi che i nuovi modelli alla moda. Anche per la chitarra la situazione è analoga, e si protrae fino ai primi anni del secolo diciannovesimo. Alcune volte venivano usate ancora le vecchie chitarre a 5 corde doppie ma già si andavano costruendo ed affermando strumenti a 5 o 6 corde singole.

E’ interessante questo stralcio tratto dal metodo di C.Doisy pubblicato a Parigi nel 1801:
“Maniere de monter la Guitare,“ (Il modo di montare le corde) è arbitrario. Alcuni preferiscono le corde doppie altri le corde semplici. Per quanto vedo se ne contano ordinariamente cinque. Alcuni mettono due LA e due Re di cui uno in seta e l’altro in budello accordati all’ottava ; i Sol e i Si all’unisono e il Mi solo. Altri ( montano) due La e due Re in seta accordati all’unisono, due Sol e due Si sempre all’unisono e il Mi solo. Questi due modi vanno bene entrambi. Quanto a me adotto più volentieri le corde semplici perché ne derivano suoni più puri, le corde ben intonate sono estremamente difficili da reperire, e si impiega molto meno tempo per accordarle… E queste riflessioni non fanno legge, servono qui a far l’elogio della chitarra a dieci tasti e cinque corde che nonostante la sua modesta semplicità, può commuovere quando la si sappia carezzare.”


E quest’altro tratto dal metodo di M. Le Moine pubblicato a Parigi nel 1806:
“ Diverse persone montano la chitarra a corde doppie ma questo sistema è soggetto a grandissimi inconvenienti.
E’ estremamente difficile avere corde di eguale spessore e soprattutto perfettamente intonate.
Le due corde non si attaccano (suonano) mai bene insieme, quindi risulta da ciò che quella che si trova attaccata per prima è più scordata dell’altra.
Considerando che la prima viene pizzicata con più forza è più soggetta ad abbassarsi della seconda e lo strumento quindi non è mai accordato. Ciò produce anche una specie di attrito (sbattimento) tra le due corde che risulta molto sgradevole all’orecchio.
In generale la chitarra montata a corde semplici è ben più gradevole visto che i suoni bassi si percepiscono molto più distintamente.”

E’ chiara quindi la preferenza per gli strumenti a cinque o sei corde semplici; di lì a poco si saranno definitivamente affermati le chitarre con 6 corde singole.
Ancora nei primi anni dell’Ottocento, si usavano strumenti nati a 5corde doppie ma modificati per essere montati a 5 corde semplici; in genere sono strumenti con una struttura interna molto semplice e di grande leggerezza che a volte presentano ancora decorazioni di gusto barocco.





A questa tipologia di strumenti si rifanno le chitarre napoletane di fine settecento e primi ottocento, principalmente quelle costruite dalle più importanti famiglie di liutai. Tra queste quella dei Fabricatore. Questa famiglia di liutai, che per almeno tre generazioni ha costruito strumenti musicali ed in particolare chitarre e mandolini, rappresenta l'espressione più alta della liuteria napoletana per la costruzione degli strumenti a pizzico.

Lo strumento preso a modello è una chitarra di Gennaro Fabricatore costruita a Napoli nel 1823.
Le peculiarità costruttive più evidenti sono in primo luogo, la forma della cassa ad otto allungato ed una leggerezza veramente sconcertante (appena 850 gr.); le fasce sono alte e leggermente rastremate verso il manico, all’interno della cassa si trovano due o tre catene, il diapason è notevole per il periodo (65 cm), i tasti dopo il dodicesimo sono collocati sulla cassa come nelle chitarre più antiche e sono ancora presenti sulla tavola armonica fregi che ne impreziosiscono l'aspetto, come si usava nel barocco.
Tutto ciò produce una sonorità estremamente dolce e ricca di risonanze che definirei "antica", e che ben si adatta a quel tipo di repertorio ancora legato a all’intimismo espressivo settecentesco. (Ascolto: F.Carulli “L’amore” da "12 piccoli pezzi caratteristici" Op.204)



Un'altra tipologia di strumenti in uso nei primi decenni del secolo, ma di concezione costruttiva completamente diversa dalla Fabricatore, è costituita dagli strumenti costruiti dai liutai della famiglia Guadagnini di Torino. Anche in questo caso una famiglia che ha costruito principalmente violini, ma anche chitarre, partire dai primi anni del settecento e per tutto l'Ottocento.

Nel corso dei decenni ovviamente i progetti costruttivi delle chitarre variavano, tanto che si incontrano Guadagnini abbastanza diverse tra loro, ma si può ritenere che le caratteristiche peculiari comuni a tutti questi strumenti siano costituite essenzialmente da una struttura solida e massiccia, fasce basse ed un otto molto pronunciato.

Nello strumento preso in esempio, una chitarra costruita da Antonio Guadagnini a Torino intorno al 1850, sono evidenti le somiglianze con gli strumenti francesi: la semplicità delle linee ed il caratteristico il ponticello con i baffetti.

Evidentemente le esigenze sonore, timbriche ed espressive andavano cambiando, tanto che questi strumenti, pur nella dolcezza che caratterizza in genere tutte le chitarre antiche, ottengono una sonorità più chiara ed aggressiva, con una netta presenza delle frequenze medio alte, così che i loro suoni ben definiti le rendono adatte ad una cantabilità più spiegata ed al virtuosismo. ( Ascolto: N.Paganini, Sonata 37)



E’ interessante accennare ad un tipo di strumento nato sulla scia della corrente artistica del neoclassicismo, che ha avuto una vita abbastanza breve ed una diffusione localizzata a Parigi ed a Napoli, cioè la Lyra-Chitarra. Troviamo nel primo decennio dell'Ottocento un numero cospicuo di metodi scritti per questo strumento e diversi autori gli hanno dedicato numerose composizioni, anche cameristiche. Uno per tutti è F.Carulli, che ha composto per Lyra-Chitarra alcune importanti sonate e numerosi altri brani solistici. La particolare forma conferisce allo strumento, oltre ad una palese scomodità esecutiva, una caratteristica emissione sonora che la differenzia notevolmente dalle coeve chitarre tradizionali. La Lyra usata per l'esempio è una Lyra Blaisè costruita nella prima metà dell'Ottocento a Parigi.(Ascolto: J.P.Porro, Siciliana, dal metodo)



In un periodo, come quello preso in esame, ancora lontano dalla globalizzazione, spostare l'attenzione ad un altro paese vuol dire cambiare notevolmente lo scenario culturale e quindi quello del gusto artistico. Volgendo lo sguardo all'Austria ed in particolare a Vienna ci rendiamo conto come questo, anche per quel che riguarda le chitarre, sia reale ed il suono della chitarra presa ora in esame lo dimostra.
Questa è uno strumento del liutaio J. Klimits costruito a Vienna nel 1857.

Questo strumento è compatto con un otto alquanto schiacciato, spessori della tavola più pronunciati e la cassa foderata all'interno tanto da dare una maggiore robustezza, presumibilmente adatta a reggere ad una tensione delle corde un po' maggiore rispetto agli standard dell'epoca, un diapason nella norma per il periodo (cm 61), e particolarità (così come negli strumenti del liutaio J.G.Staufer di Vienna) il manico regolabile per mezzo di una vite posta sul tacco con la quale è possibile regolare l'altezza delle corde (il manico può essere anche tranquillamente smontato e staccato dalla cassa!).

Il suono robusto e squillante unito ad una particolare chiarezza nel registro medio ed una uniformità timbrica la rendono particolarmente adatta alle sonorità del repertorio della Hausmusik Viennese.
(Ascolto: F.Molitor, Landler in La magg.)



Passiamo in fine all’ultima tipologia di strumento, quello costruito a Londra dal liutaio Louis Panormo.
Esso per le sue caratteristiche, assume una posizione significativa nel processo di trasformazione organologica che la chitarra ha subito nel corso del XIX secolo.
Proprio nelle chitarre di Panormo, considerando la sua produzione più tarda, troviamo per la prima volta riuniti in una chitarra tutti quegli elementi costruttivi che oggi sono presenti in una chitarra moderna.
Lo strumento preso in esame è una chitarra Louis Panormo costruita a Londra nel 1840.
Essa presenta una struttura estremamente solida con un otto regolare; fasce alte e fondo di palissandro in due parti; tavola in abete; incatenatura a raggiera (7 raggi); meccaniche molto belle e di grande precisione. Una struttura in grado di poter reggere una tensione che, seppure molto più bassa di quella odierna era comunque notevolmente al di sopra degli standard dell'epoca.
E' nota la collaborazione del liutaio con F.Sor il quale, nelle indicazioni date a Panormo, sembrerebbe aver intuito la direzione evolutiva del suono della chitarra.
Un suono dolce e ricco di armonici dove l'equilibrio delle parti resta sempre evidente principalmente in situazioni accordali ed armonicamente dense. (Ascolto: F.Sor, Siciliana Op.6 n°2).


In questo rapido studio, ho voluto solo dare un accenno all'intricato mondo delle chitarre antiche. Un mondo che per il collezionista assume esclusivamente un significato storico ma per chi si avvicina oggi ad esso come musicista ed ancor più come chitarrista, propone delle ulteriori problematiche, principalmente in relazione alla scelta del tipo di strumento più adatto ad un determinato repertorio ma anche all’utilizzo delle tecniche esecutive più appropriate a ciascuno di essi. Un mondo che meriterebbe di essere indagato con maggiore coordinazione a livello europeo.
  1. Magliaro





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Chitarra G.Fabricatore,
Napoli 1823
Ascolto: F.Carulli "L'Amore"
da "12 pezzi caratteristici" Op.204
Ch.: S.Magliaro
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Chitarra A.Guadagnini,
Torino 1850 ca
Ascolto: N.Paganini, sonata n°37
Ch.: S.Magliaro
Lyra-Chitarra, Blaisè, Parigi 1850 ca
Ascolto: J.P.Porro, Siciliana, dal Metodo
Ch.: S.Magliaro
Chitarra, J. Klimits
Vienna 1857
Ascolto: F.Molitor, Landler in La Magg.
Ch.: S.Magliaro

Chitarra: L.Panormo, Londra 1840
Ascolto: F.Sor,
Siciliana Op.6 n°2
Ch.: S.Magliaro